Può nascere un’amicizia tra pazienti in coma? È proprio escluso il fatto che si innamorino tra loro? A queste domande dense di significati metaforici risponde il film “Nonostante”, secondo lungometraggio da regista di Valerio Mastandrea, che con una vena poetica ci racconta di come le anime degli ammalati degenti in coma sfuggano ai loro corpi e intraprendano la strada della spensieratezza, interagendo tra di loro, ma mai con i medici o parenti o visitatori.
Se il primo tempo risulta un po’ ripetitivo e privo di scene toccanti, il secondo è un’esplosione di sentimenti, di magia, di voglia di esprimersi pur essendo intubati in un mondo fatto di ostacoli e pianti. È voglia di toccarsi e di sfiorarsi lasciandosi volteggiare nell’aria, come solo le anime ferite sanno fare. In questo film esce fuori tutta la malinconia insita nell’uomo Mastandrea, tutti i suoi ricordi, tutte le sue vicissitudini, le sue ferite che “nonostante” tutto non hanno scalfito la sua voglia di amare.
Il regista aveva già affrontato il tema della vita e della morte nel suo film precedente “Ride”, ma questa volta lo fa andando a fondo e con una storia d’amore che tocca le corde dell’animo umano. Volteggiare in una piscina mano nella mano, sedersi accanto al corpo inerme sdraiato sul letto di ospedale, abbracciarlo, custodirlo. La paura nel sapere che tutto verrà dimenticato una volta che verranno aperti gli occhi e l’incubo di poter cadere nell’oblio e andarsene per sempre, trascinati dal vento.
“Nonostante” è un film che mette paura perché pone lo spettatore di fronte al destino ineluttabile di chi nella vita si trova in un “limbo”. Che sia un limbo reale o simbolico, non importa, il vero dramma è che chiunque nella vita ci sia passato o ci passerà ne scoprirà il dolore, perché sarà proprio in quella specie di purgatorio esistenziale che si faranno scelte, giuste o sbagliate, dettate dall’inconscio, dall’istinto. E per questo, più vere.
Il film ricorda l’opera di Paolo Genovese “Il primo giorno della mia vita”, in cui un gruppo di persone, tra cui un personaggio interpretato da Mastandrea stesso, si ritrova a fare i conti con la propria morte osservando se stessi da “fuori” e vedendo cosa lascerebbero se non ci fossero più. “Nonostante” ricorda anche “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders, in cui due angeli, chiamati Damiel e Cassel, vagano per la città osservando gli abitanti e ascoltando i loro pensieri.
La delicatezza di “Nonostante” si scontra con la durezza di una condizione fisica devastante che è quella del coma. Una prigione fatta di carne che immobilizza le persone in un letto d’ospedale ma che permette loro, secondo Mastandrea, di continuare a sognare e ad innamorarsi perdutamente dell’animo di un altro/a che vive la stessa condizione.
Il film è dedicato al padre di Mastandrea, una dedica d’amore che non poteva essere migliore.
🎬 NONOSTANTE
🎥 diretto da Valerio Mastandrea