Il film riprende e rivisita la trama del “Wolfman” del 2010, ispirato a sua volta al classico del 1941, “L’uomo lupo”. Ambientato in un contesto cupo e isolato, la storia segue Blake (Christopher Abbott), un uomo che ritorna nella casa di famiglia nei boschi dopo la misteriosa morte del padre, portando con sé la moglie Charlotte (Julia Garner, senza dubbio la migliore del lotto) e la figlia Ginger (Matilda Firth).
La trama si sviluppa tra atmosfere horror tradizionali, con una casa oscura, una foresta minacciosa e il classico mostro: il lupo mannaro. Nonostante la presenza dei jumpscare e dei temi tipici del genere, il film si discosta dalle convenzioni, presentando una creatura non tanto mostruosa quanto simbolo di qualcosa di più profondo. Il regista abbandona i licantropi à la Twilight, tenebrosi e palestrati, per tornare all’immaginario tradizionale.
L’approccio di Leigh Whannell non punta tanto sulla paura pura, ma su un messaggio legato al distacco sociale e alla paura generata dal contatto con un virus sconosciuto, un tema evocato anche dalla trasformazione, che avviene tramite il morso, simile alla trasmissione di una malattia. È proprio questo elemento a rendere il film interessante, con la sua riflessione sulle dinamiche di paura e solitudine durante l’era del Covid.
La pellicola invita l3 spettator3 a considerare la paura non solo come reazione al mostro, ma come fenomeno collettivo che incide sulle relazioni e sul nostro modo di vivere. Wolf Man risulta più valido quindi come opera da leggere tra le righe, più che di puro genere (un po’ come avvenuto nel precedente L’uomo invisibile): la trama, infatti, appare a tratti banale e lineare, fluida ma priva di grandi colpi di scena, scaturendo in un film non imperdibile ma comunque che, ponendo una certa attenzione, può risultare piacevole in una di quelle sere in cui si desidera vedere un horror nuovo.
🎬 WOLF MAN
🎥 diretto da Leigh Whannell