È “Unicorni” un film perbenista? Beh, diciamo di sì. È “Unicorni” il classico film in cui esci dalla sala e vedi tanti arcobaleni anche se è notte e cavalli alati disegnati nel cielo con bambini che li cavalcano allegri e spensierati? Potrebbe essere. È “Unicorni” un inno alla libertà di esprimersi? Forse.
Ma parliamo seriamente, il film di Michela Andreozzi lascia sicuramente una scia colorata quando si esce dalla sala, ma anche molte certezze. Con “Unicorni”, infatti, i dubbi e le perplessità insite nell’essere umano si trasformano in punti fermi dell’esistenza. A cominciare dal fatto che lasciar trasparire il proprio modo di essere è importante quanto capire a fondo le emozioni degli altri, non trascurando le proprie e, anzi, è importante capire come l’interrogarsi sull’ Io interiore faccia parte dell’essere umano. Trovare delle risposte a queste domande, forse, è la parte più difficile.
Mille interrogativi si pone il protagonista del film, Lucio, interpretato da Edoardo Pesce. Lucio è il classico padre convinto delle proprie posizioni inclusive, ma che in fondo si chiede cosa abbia sbagliato nei confronti del figlio Blu (interpretato da Daniele Scardini), un bambino dai capelli lunghi, i lineamenti delicati e che ama vestirsi con abiti femminili.
Il piccolo Blu è costretto così a scontrarsi con la mascolinità tossica di uomini conservatori (alcuni anche laziali), i bulli della sua scuola, la competizione con le bambine coetanee, ma soprattutto deve fare i conti con il padre. In fondo è questo che vuole sottolineare il film. Tant’è che sia Lucio che la moglie, interpretata da Valentina Lodovini, decidono di farsi aiutare nella ricerca di un benessere condiviso che possa sostenere il figlio nelle sue scelte e, soprattutto, con l’intento di proteggerlo dal mondo esterno alla casa.
Scelgono infatti di recarsi presso un gruppo di sostegno psicologico per genitori con bambini il cui orientamento di genere o sessuale è differente dal proprio sesso biologico. A condurre questo gruppo c’è una psicologa, interpretata dalla stessa Andreozzi, la quale prenderà per mano i propri pazienti lungo un percorso di crescita, di rottura e infine, di rinascita.
Alcune scene risultano commoventi, altre un po’ meno, ma “Unicorni” è una commedia per grandi e piccini che soprattutto fa riflettere. E non è scontato in un periodo storico come questo, in cui persistono episodi di violenza, cyberbullismo e soprattutto guerre in cui a perire sono spesso i bambini. Insomma, “Unicorni” è una ventata d’aria fresca, un film che con leggerezza affronta tematiche importanti.
Michela Andreozzi si conferma regista indiscussa di commedie esilaranti e colorate, irriverenti e profonde. Forse c’è da domandarsi se, in un’ottica drammatica, si sarebbero potuti affrontare meglio alcuni temi come, per esempio, indagare il vissuto interiore di Blu e capire cosa passa in prima persona un bambino che vorrebbe interpretare il ruolo della sirenetta durante la recita scolastica. Ma sarebbe stato un altro film. In questo frangente il conflitto vero ce l’ha il padre ed è giusto che si analizzi la sua sfera emotiva.