Nel 1969 Fellini portava al cinema Fellini Satyricon, pellicola basata sull’omonima opera dello scrittore latino Petronio Arbitro, in cui si raccontava l’antica Roma.
Nel 1970 il regista comico Mauriano Laurenti ne fa una parodia con Franco & Ciccio, dal titolo Satiricosissimo. Nel film del duo comico siciliano l’ambientazione non parte nell’antica Roma, ma dal tempo presente. Franco & Ciccio, vengono catapultati dalla epoca recente al passato, creando così un umorismo anacronistico.
Questo tipo di commedia che nasce ad opera di Mark Twain e del suo romanzo Un americano alla corte di re Artù si colloca in un sottogenere della commedia che è il pesce fuor d’acqua. Un uomo moderno calato in un contesto storico differente.
Una possibilità comica che la nostra commedia ha sempre apprezzato e che ha generato pellicole che vanno dal semplice film comico, A spasso nel tempo di Carlo Vanzina, a un prodotto di alta fattura come Non ci resta che piangere di Benigni & Troisi, fino al recente Non ci resta che il crimine che ha generato una trilogia e successivamente un’ottima serie tv.
A questi si aggiunge oggi Tu Quoque che con Satiricosissimo condivide l’ambientazione… e basta.
Questo perché il film diretto da Gianni Quinto, qui al suo esordio, è più avvicinabile a Midnight in Paris di Woody Allen. Massimo Quinto vive infatti la sua fuga dall’epoca moderna, e il suo viaggio nell’antica Roma come un viaggio dell’anima, dove poter ristorare uno spirito e una vita devastati.
E se è strano dirlo, questa è la parte più interessante e riuscita del film. La parte nostalgica e drammatica è sorprendente nel rivelare un Maurizio Battista veramente inedito.
Questo, però, si contrasta con il resto. Se la parte drammatica ha una sua direzione e evoluzione, la parte comica tende ad essere meno curata, priva di una vera direzione, diventa solo una serie di sketch, non sempre divertenti.
La messa in scena accentua ulteriormente questo aspetto. È evidente come il film sia povero di mezzi e cerchi di sfruttare delle scenografie appartenenti a qualche precedente produzione americana, una scelta che costringe l’intera regia a restare chiusa in pochi spazi, per nascondere i limiti dell’impianto scenografico. Rendendo così tutta la pellicola più intima, perfetto per la parte più seria, ma quasi stonata in quella comica.
Un peccato, perché è chiaro che sia regista che attore protagonista possono offrire qualcosa d’interessante per il cinema italiano, ma che con questo film, usando una tipica espressione romana, hanno fatto le nozze con i fichi secchi.
a cura di Marco Scali