E’ una domanda vecchia di secoli quella che pone The Voice of Hind Rajab, che tormenta il cinema da quando ha iniziato a occuparsi della realtà immediatamente circostante – ovvero da molto presto: quanto è importante il come, ovvero la forma, quando il contenuto è così preponderante? E nello specifico, del film di Kaouther Ben Hania bisogna discutere i meriti artistici, quando l’urgenza di ciò che vuole mostrare è così straordinariamente evidente?
Complicatissimo rispondere, perché il film in concorso a Venezia 82 racconta un caso atroce – purtroppo uno dei tanti – accaduto durante le operazioni militari compiute da Israele a Gaza precisamente il 29 gennaio 2024: la piccola Hind Rami Iyad Rajab, palestinese, di soli 5 anni, rimase intrappolata in un auto dopo che il veicolo era stato bombardato e crivellato di colpi. La bambina riuscì a contattare telefonicamente la Mezzaluna Rossa Palestinese, associazione che si occupa di soccorsi in situazioni simili. Purtroppo, dopo innumerevoli ore al telefono e svariati tentativi di assicurare un corridoio sicuro per i soccorritori, sia questi che Hind vennero massacrati da truppe dell’esercito israeliano che continuavano a controllare la vettura.
Non diversamente da Quattro figlie, il film precedente della regista, anche questo è una ricostruzione / drammatizzazione di fatti realmente accaduti: in questo caso il punto di vista è quello degli operatori che ricevettero la straziante chiamata e l’elemento di realtà è costituito dalla voce della bambina, dato che nella pellicola vengono inseriti i messaggi audio autentici di quelle ore. Come è facile capire – ma allo stesso tempo, cosa non così scontata – la visione è difficilmente sostenibile, è mai come in questo caso si possono e forse devono usare espressioni usurate, tronfie e spesso ridicole e fuori posto come “groppo alla gola”, “pugno nello stomaco”, “film necessario”.
Tuttavia, si deve riconoscere a Ben Hania ciò che le spetta: al di là della difficoltà dell’operazione, e quindi la capacità di assicurarsi la collaborazione dei diretti interessati, il film non susciterebbe gli effetti descritti se gli attori non fossero credibili e trasparenti in prove che richiedono la costante commozione e tensione nell’ora e mezza di durata; se non vi fosse una spiccata sensibilità registica gli sparuti inserti astratto-onirici sulterebbero stucchevoli, mentre per lo spettatore costituiscono un momento sospiro; e lo stesso montaggio, non fosse così incalzante, non calamiterebbe l’attenzione dello spettatore verso una storia il cui orrendo epilogo è già noto.
Ma soprattutto, e forse tutto il succo del discorso sta in questo rilievo, The Voice of Hind Rajab neanche per un istante dà l’impressione di essere un film sensazionalistico, un’operazione strappalacrime, un ricatto emotivo in forma audio-video. Le reazioni dei personaggi sono sempre alquanto credibili, forse vi sono solo un paio di comprensibili cedimenti alla retorica del “genere”, ma è innegabile che la stessa empatia mostrata verso le quattro sorelle tunisine del quasi omonimo film è equamente distribuita su tutti i protagonisti della pellicola, le cui ragioni, motivazioni e ideali vengono ben illustrati.
The Voice of Hind Rajab è un’operazione artistica efficace, che probabilmente, esistessero per davvero dei criteri oggettivi, otterrebbe una buona considerazione ma non il plauso universale, la lode unita di critica e pubblico; ciò che fa l’arte, però, è suscitare emozioni, risvegliare pensieri, dare forma a idee inespresse, ed è innegabile che l’opera riesce in tutto ciò in modo potente.
Aggiungiamo poi che in qualche modo, nella tensione inerte degli operatori telefonici, costretti a calmare Hind, tentando di lenirne le sofferenze distogliendone l’attenzione dall’atrocità che stava vivendo, la regista sembra voler rappresentare metaforicamente e metonimicamente l’impotenza squassante di chi vorrebbe porre fine alle sofferenze del popolo di Gaza e invece non può far niente di concreto, se non affidarsi ad altri per le operazioni realmente incisive che possano fare una differenza. In questo modo The Voice of Hind Rajab parla anche di noi e si guadagna la permanenza nella nostra memoria anche quando – si spera presto, mai troppo tardi – si porrà fine al massacro indiscriminato che si sta compiendo sotto i nostri occhi.