Che regista bizzarro Osgood Perkins! Lo si sarebbe detto un rigoroso formalista, da atmosfere più che da trame, poi con Longlegs ha iniziato ad aprirsi al pubblico, con qualche difficoltà nello script, e ora ecco la sua prova nella commedia (horror, ovviamente).
Ci sono tante cose che scricchiolano in questo The Monkey, a partire da una sceneggiatura che continua a non girare bene, ingolfandosi, la comicità che non sempre va a segno, effetti speciali a volte fin troppo pacchiani e non efficaci. Eppure è proprio difficile non notare la coerenza della visione del mondo di questo pessimista cosmico dai natali blasonati.
The Monkey è la storia di un oggetto maledetto, tramandato di padre in figlio, e di come questo sconvolga la vita di chi ne viene in possesso: la scimmia giocattolo, infatti, se attivata provoca la morte improvvisa di qualcuno. Impossibile sapere chi, come quando, ma la certezza della dipartita è assoluta. Starà ad Hal, insieme al figlio da cui ha voluto separarsi a fin di bene, tentare di fermare o arginare la catastrofe che incombe sulla sua esistenza.
Di fronte alla galleria di idioti che affollano il film e agli accidenti grandguignoleschi, non può non venire in mente il cinema dei fratelli Coen. The Monkey ne rappresenta la versione horror, eccessiva, caricata di gag nere e morti folli, cartoonesche. Purtroppo a risentirne è la narrazione, frammentata e non troppo appassionante, ma come collage sanguinolento il progetto funziona discretamente.
Come It Follows metaforizzava la vita quale virus letale sessualmente trasmissibile, anche The Monkey non è altro che una grande metafora dell’insensatezza della vita, la condanna certa e infallibile alla morte passata come un’eredità da una generazione all’altra.
Come i grandi esistenzialisti Perkins, rielaborando la sua vicenda privata (si vedano le fini dei genitori), afferma una semplice verità: di fronte all’inevitabile l’unica cosa da fare è ballare.
a cura di Alessio Cappuccio