MICKEY 17 diretto da Bong Joon-ho
Lo sapevamo, dopo il trionfo di Parasite non ci si poteva aspettare un altro capolavoro di stampo popolare da Bong Joon-ho, ormai assurto alla fama mondiale.
Con Mickey 17 il regista ripropone la sua idea di satira grottesca in chiave fantascientifica, a partire dal romanzo omonimo di Edward Ashton, ma questa volta il risultato appare meno efficace rispetto a Snowpiercer e meno sentito rispetto ad Okja.
Il film si avvale di un cast guidato da Robert Pattinson in un doppio (anzi multiplo ruolo), Naomi Ackie, Toni Collette e Mark Ruffalo, oltre che di un budget di 120 milioni, per raccontare la storia di un uomo che, spinto dalla disperazione, si offre come “sacrificabile” in una missione di colonizzazione su un altro pianeta organizzata da un milionario simil Trump.
Ciò implica che Mickey verrà ricreato nuovamente con una stampante 3D dopo ogni morte, evento che si ripete spesso e volentieri dato che gli vengono affidati compiti pericolosi o test scientifici letali. Da una premessa invero affascinante, unita a un’insolita ambientazione industrial-futurista con tanto di pianeta ghiacciato, era lecito aspettarsi faville.
E tuttavia la sceneggiatura pare carezzare molti temi – capitalismo e sfruttamento lavorativo, animalismo ed ecologismo, satira politica e dei media – senza mai incidere il bisturi, anzi addirittura facendo urlare messaggi didascalici dagli stessi personaggi. Non giova al film neanche la caricatura di Trump da parte di Ruffalo, forse gustosa ma un po’ fine a se stessa.
Lascia infatti perplessi l’incuria di uno script frettoloso, di un world building accurato, affollato da personaggi superflui e poco caratterizzati o con gag malriuscite (l’ossessione per la salsa di Colette), dai differenti toni anche recitativi mai amalgamati, in quello che è comunque un prodotto di discreta fattura, dalla regia solida a tratti divertente e a tratti emozionante, con più di una bella idea – su tutti il design degli “alieni” ispirato al tardigrado.