Quante sfumature ha l’amore? Cosa intendiamo quando usiamo questa parola? Si tratta di un legame esclusivo o di qualcosa di più ampio e collettivo? Love, nuovo capitolo della trilogia delle relazioni di Dag Johan Haugerud, prova a rispondere a queste domande attraverso una narrazione molto diretta, costituita in primis da continui e prolungati dialoghi.
Rispetto al precedente Dreams si perde l’ebrezza del primo innamoramento a favore di un’analisi più pragmatica del sentimento, veicolata dalle vicende sentimentali dei due protagonisti, più vari comprimari.
Sullo sfondo una Oslo tirata a lucido e modernissima, sia architettonicamente che nei costumi sessual-sentimentali, immersa in una luce calda e affettuosa dal regista, che ne fa una terza protagonista e su cui si concentra in primis la fotografia, altrimenti quasi sempre appiattita da una regia sin troppo poggiata sulle performance attoriali (più che discrete ma nulla più).
Seguiamo quindi Marianne, urologa seria e indipendente, e Tor, infermiere alla ricerca di incontri casuali: la prima, grazie a un’amica che lavora al Municipio, si apre a una relazione con un uomo divorziato, l’altro conosce sul traghetto un paziente dell’ospedale in cui lavora. I due in qualche modo si influenzeranno a vicenda, confrontando la propria disposizione nei confronti dell’amore, e si prenderanno cura in modi diversi delle persone che stanno loro attorno.
Haugerud concepisce ancora una volta il suo cinema in maniera dialogica, strutturando la narrazione attorno alle conversazioni e alle scelte portate avanti dai personaggi: c’è ovviamente molto Rohmer nel film, ma rispetto a Dreams gli scambi sembrano essere meno felici e più programmatici, con qualche fase di stanca di troppo, per quanto la ricchezza di situazioni ritratte sia rinfrescante, anche per come – in un ordine mentale tutto scandinavo – si abdichi quasi del tutto alla passione.
Love è un film in cui ogni conflitto viene evitato o riparato e in cui le inevitabili sofferenze sono quelle della maturità, quindi esperite con un certo distacco e poste in prospettiva. La visione quindi offre più un piacere intellettuale che emotivo, l’equivalente di un simposio più che di una vera narrazione, stimolante sì ma non eccessivamente coinvolgente, confortevole quanto può essere il tepore di un tè caldo.
Ciò che interessa a Haugerud, regista-sceneggiatore, è quindi fornire un ritratto quanto più realistico e al passo coi tempi della varietà delle relazioni umane fondate di volta in volta sulla ricerca del piacere, della libertà, della compassione, della responsabilità verso la collettività e i propri cari più prossimi. È un’analisi indubbiamente virtuosa, cui in questo caso, diversamente da Dreams, probabilmente manca il senso di urgenza che aveva reso l’altro capitolo indimenticabile.
❤️ LOVE
🎥 diretto da Dag Johan Haugerud
🎞 in sala dal 17 aprile con Wanted Cinema