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La trama fenicia: recensione

Siamo tutti concordi, Wes Anderson è così – prendere o lasciare: se non avete amato la progressiva astrazione dei suoi film da The Grand Budapest Hotel in avanti, che iniziava a unire il cartoonesco al diorama infinitamente dettagliato, in un asfissiante dominio della forma e della struttura sulla sostanza, La trama fenicia è ancora una volta da evitare.

Non basta infatti una maggiore propensione al racconto, frammentato in innumerevoli capitoli e divagazioni, per ridare spessore a personaggi ridotti ai soldatini di un gioco infantile; né gli accenni di politica, il sottotesto colonialista, il sempiterno ritornare sui rapporti genitoriali da ricomporre a rendere urgente una narrazione contorta e funambolica; neanche due giganteschi Michael Cera e Benicio del Toro, infine, riescono a rendere davvero vivi e interessanti i rispettivi archi narrativi (come non vi riesce la giovane Mia Threapleton), per quanto qualche miglioramento vi sia.

Il film ci presenta lo spietato magnate Zsa-zsa Korda, oggetto di svariati tentativi di assassinio, tentare di di ricucire i rapporti con la figlia Liesl, che nel frattempo ha preso i voti, portando avanti un complicato piano finanziario in giro per il mondo.

Continuando a sottolineare quanto già noto del cinema di Anderson, La trama fenicia è molto prevedibilmente una festa per gli occhi, la raffinazione di un meccanismo – geometrico, calcolatissimo, preponderante – di cui il regista texano è maestro. Un tripudio di colori, scenografie di abbacinante bellezza e stralunata eccentricità, di una perfezione che rasenta la mania, una colonna sonora incalzante e maestosa di un Alexandre Desplat meno manierista del solito, il tutto al servizio di una sfilata di marionette eleganti e raggelate che solo occasionalmente – molto molto occasionalmente – lasciano trasparire un’emozione sottostante.

È indubbio che Anderson sia arrivato a un punto di non ritorno, un abisso formalista da cui parrebbe stia tentando di riemergere. La trama fenicia testimonia questa impresa, anticipata dai corti netflixiani (altrettanto formalisti ma più poetici), ma il passo in avanti è timido e il ricorso alla costellazione di star che indugiano in piccole particine serve a poco, se la parte più gustosa del film è una rappresentazione dell’Aldilà ricalcata sugli stilemi del cinema scandinavo, avulsa da tutto il resto, un giochino cinefilo divertente ma fine a se stesso.

Non è un discorso nuovo, affatto, ma nella sua opera di catalogazione, reinvenzione e mescolamento delle forme culturali di un paio di secoli Anderson ha costruito un universo immaginifico del tutto autosufficiente e di per sé più che memorabile. La vera domanda però è: sente ancora la necessità di comunicare con il mondo esterno?

🎬 LA TRAMA FENICIA
🏷 in sala dal 28 maggio con Universal Pictures Italia
in concorso al Festival di Cannes 2025
🎥 diretto da Wes Anderson

Autore

  • Alessio Cappuccio

    Alessio Cappuccio si è laureato in Letteratura Moderna presso l'Università degli Studi di Milano con una tesi sulla trilogia dei colori di Krzysztof Kieslowski.

    Nel frattempo ha iniziato a scrivere sul portale di informazione web Blogosfere nella sezione spettacoli, per cui è stato anche inviato durante la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e la Festa del Cinema di Roma.

    Nel corso della sua carriera ha lavorato e collaborato con una serie di realtà editoriali come Leonardo.it, Triboo, Studentville, ScuolaZoo, Milano e Roma Weekend, Londra da vivere spaziando dalla politica al tempo libero, la scuola, le nuove tecnologie, con un occhio di riguardo al cinema, sua vera passione.

    Dopo un Master in Critica Giornalistica presso l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, e una parentesi da videomaker, si è trasferito in pianta stabile a Roma, dove co-dirige Popcorn&Podcast, il più grande e autorevole podcast di cinema dell'universo.

    In genere non parla di sé in terza persona.

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Data pubblicazione: 05/28/2025
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