In occasione della Giornata della Memoria dedichiamo il nostro dietro le quinte a un film che ha rivoluzionato il modo di trattare l’Olocausto al cinema.
Stiamo parlando ovviamente de La zona di interesse, che in questi giorni torna in sala. Tra gli aspetti più interessanti, quello sonoro: in post-produzione infatti si è preferito creare un suono realistico, quasi documentaristico e non ad effetto. Una volta terminato il montaggio Jonathan Glazer e il tecnico del suono Johnnie Burn hanno ripreso in mano tutto e creato un secondo livello di design sonoro, con tutto ciò che si trova oltre il muro del giardino.
Il set è stato impostato in stile reality show con l’attrezzatura essenziale, posizionando più telecamere nascoste in una casa e lasciando che gli attori si muovessero liberamente, interpretando le scene come desideravano. Per far ciò sono state usate fotocamere Sony Venice, con una gamma dinamica per riprese con sola luce naturale, che garantissero un feed live (disponibile tramite un muro di monitor posizionato all’esterno della casa) e sopratutto molto piccole, in modo da essere posizionate in spazi angusti o quasi a filo con le pareti, rimanendo invisibili, e regolabili interamente da remoto.
Oltre alla rimozione delle camere, quando necessario, gli effetti speciali sono stati usati per migliorare l’ambientazione, aggiungendo gli edifici del campo di concentramento di Auschwitz sullo sfondo: per far ciò è stato assemblato un grande muro blu intorno al perimetro esterno della proprietà.
Infine tra i tanti accorgimenti di fotografia c’è stata una vera e propria scelta estetica anti-cinematografica: tutto in profondità di campo, quindi tutto a fuoco, per esprimere un senso di oggettività, obiettivi con un look digitale e freddo, illuminazione naturale, anche sol sole a picco del mezzogiorno e scene notturne con luce diegetica. Impossibile poi non citare le scene ottenute con la telecamera a infrarossi militare, ormai entrate nell’immaginario.