In occasione della riedizione al cinema in versione originale e integrale, parliamo oggi di un classico del cinema, il capolavoro di Akira Kurosawa noto come I sette samurai. Il film inizialmente doveva intitolarsi Sei Samurai, ma per mettere un po’ di pepe nella trama fu inventato il personaggio di Kikuchiyo perché gli sceneggiatori si resero conto che “sei samurai sobri erano noiosi: serviva una figura più eccentrica”: non a caso l’attore Toshiro Mifune fu lasciato libero di improvvisare nella sua interpretazione, cosa non comune per Kurosawa.
A fare scuola fu il concetto dell’assemblaggio di una squadra di personaggi per portare a termine una missione (quasi suicida) con tanto di eroi riluttanti, storia d’amore tra attori giovani e coinvolgimento dei locali. Kurosawa pretese inoltre di girare tutto in un villaggio contadino ricostruito su un set, cosa che fece lievitare i costi di produzione, anche a causa dei 148 giorni di riprese.
I tempi si dilatarono, come il budget, e la scena della battaglia finale, prevista per la fine dell’estate, fu girata a febbraio in condizioni di freddo intenso, pioggia e fango. Kurosawa impiegò una tecnica molto particolare, facendo uso di teleobiettivi, rari all’epoca, e impiegando più macchine da presa che permettevano di riprendere l’azione completa, immergendo il pubblico nella scena: un’inquadratura standard, una mobile per le riprese più veloci e un’altra in stile guerrilla.
Questo complicò molto le riprese, ma Kurosawa coreografava tutti i movimenti delle tre macchine usando diagrammi accurati. Kurosawa era solito montare il film ogni notte, nonostante ciò la durata del film, a editing completato, fu di 207 minuti, compresa un’interruzione di cinque minuti con musica. La Toho Studios, insieme a Kurosawa, eliminò inizialmente 50 minuti per la distribuzione internazionale (poi dagli anni 90 si diffuse la versione completa).