DICIANNOVE
diretot da Giovanni Tortorici
Zoom improvvisi, panoramiche a schiaffo, giochi di fuori fuoco, movimenti di macchina inconsulti, montaggio non lineare, ritmo sinusoidale e ciclotimico: Diciannove, opera prima di Giovanni Tortorci, assistente alla regia di Guadagnino (qui produttore) è un esempio di furibonda sperimentazione linguistica continua che ricorda tanto gli esordi della Nouvelle Vague quanto il Free Cinema inglese, soprattutto nello spirito anticonformista e antiborghese che lo abita.
Il film è soprattutto un ritratto fedele e impressionistico dell’adolescenza, periodo rivoluzionario, caotico, disordinato e confuso per eccellenza. Quelli che vive il protagonista, un ottimo Manfredi Marini (fastidioso, sgradevole, distaccato, fragile e sensibile al tempo stesso), sono i saliscendi emotivi di un ragazzo in lotta contro il mondo e contro se stesso, all’insegna di un’irrequietezza costante e un senso di smarrimento che spinge a girovagare Leonardo di città in città – da Palermo a Londra, poi a Siena e quindi a Torino – e di facoltà in facoltà, prima Economia, poi Letteratura classica.
Diciannove è un esempio di cinema fresco, avulso da regole e convenzioni, che a partire dal classico modello del coming of age offre uno sguardo insieme ironico, provocatorio e drammatico, ricco di punteggiature inaspettate, momenti ironici deflagranti, spleen, pause anche lunghe, attimi di normale giovinezza.
Un film capace di rendere percepibile sia la fascinazione per la bellezza che l’oltranzismo supponente di quell’età, grazie a una precisa direzione artistica che coinvolge tanto la fotografia, solo all’apparenza naturalistica, quanto il montaggio, che asseconda gli umori di Leonardo, per finire con una colonna sonora che affianca trap e musica antica.
Diciannove è un film audace, che può essere anche respingente e spigoloso e che vi consigliamo vivamente di non perdere per ricordarvi che età terribile sia stata quell’adolescenza.