Cogliamo l’occasione dell’uscita in sala de La città proibita per parlare di un altro film che in passato ha portato un regista italiano a confrontarsi con l’Oriente. Stiamo parlando de Il piccolo Buddha, opera che ha visto Bernardo Bertolucci chiudere una trilogia dedicata all’incontro tra Occidente e Oriente, iniziata con L’ultimo imperatore e proseguita con Il tè nel deserto.
Nel cast internazionale compaiono tra gli altri Keanu Reeves, Bridget Fonda e Chris Isaak. Ma sopratutto, per garantire autenticità, Bertolucci ha coinvolto nel film tre importanti lama tibetani incarnati: tra cui uno, Dzongsar Jamyang Khyentse Rinpoche, che ha anche supervisionato ogni gesto e rituale eseguito dai monaci tibetani.
La connessione col buddhismo è stata tanto stretta che alla prima mondiale a Parigi fu presente lo stesso Dalai Lama, che per la prima volta nella sua vita entrò in un cinema: per consentirgli di partecipare Per fare in modo che potesse andare a dormire come sempre alle 21 la distribuzione organizzò la proiezione in orario pomeridiano.
Inoltre la storia del film divenne realtà quando un bambino, proprio di Seattle (come il protagonista), fu individuato come reincarnazione del Lama e trasferito in Nepal. Ryuichi Sakamoto che scrisse la colonna sonora, si vide rifiutare un tema dal regista: l’anno dopo quel brano divenne la traccia principale omonima dell’album “Sweet Revenge”, titolo tutt’altro che casuale.
Keanu Reeves inoltre ha raccontato che per la scena nella foresta con gli asceti, per presentare un Siddharta emaciato dal digiuno, seguì una dieta stretta a base di acqua e arance. Il direttore della fotografia Vittorio Storaro scelse per le scene ambientate nel passato, che narrano la vita del principe Siddhartha, di girare in 65 mm Todd-AO, mentre il presente tutto in 35 mm anamorphic Technovision, con un evidente contrasto visivo.