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The Sun Rises on Us All: recensione

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Era il 2011, l’allora direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia Marco Muller – sarebbe stato il suo ultimo anno – sfoderava come a suo solito un film a sorpresa, piazzandolo in concorso, seguendo la strategia già adottata in precedenza di facilitare la proiezione di un film a rischio per ragioni di censura annunciandolo praticamente a Mostra già iniziata.

Si trattava di People Mountain People Sea, del regista cinese Cai Shangjun, allora al suo secondo film, che avrebbe poi vinto il Leone d’argento per la miglior regia: opera abbastanza ostica dal punto di vista narrativo, invisa al governo cinese per la sua non troppo velata critica politico-sociale, in patria sarebbe stato proiettato con un finale alterato e compiacente.

A 14 anni di distanza Cai Shangjun ritorna al Lido con The Sun Rises on Us All, melodramma dolorosissimo come soltanto certe cinematografie sanno ormai fare senza scadere nel ridicolo o nello stucchevole. La pellicola dà modo alla sua protagonista Xin Zhilei di vincere una (più che generosa) Coppa Volpi, ma non convince particolarmente i giornalisti e i professionisti presenti in laguna.

Meiyun è una donna che si barcamena come può, dividendosi tra un lavoro di vendita di capi di abbigliamento, anche attraverso estenuanti dirette social, e un rapporto clandestino con un uomo impegnato, che da tempo promette di lasciare la famiglia per regolarizzare la loro situazione. Incinta, con un’interruzione di gravidanza sofferta alle spalle, durante un controllo di routine rincontra per puro caso in ospedale Baoshu, uomo al quale è stata legata da una lunga e importante storia d’amore risoltasi – lo capiamo quasi subito – nel rancore terribile che questi prova per lei per un evento tragico e al contempo la gratitudine e il desiderio di accudimento che lei gli dimostra.

Per farla breve, e senza spoilerare troppo, dopo notevoli dissidi Meiyun offrirà al devastato Baoshu, che versa in condizioni cliniche gravi, di trasferirsi da lei fino a che non si sarà rimesso in sesto. I due riprenderanno un rapporto molto difficile, in cui si intrecciano odio, amore, richiesta di perdono e fatalità.

Gli elementi dunque ci sono tutti per un racconto che trasudi lacrime e sentimenti – e aggiungiamo noi, anche un po’ di sangue. Peccato il film proceda col freno a mano tirato per una lunga prima parte, la quale serve a introdurci molto lentamente i personaggi, di cui facciamo una gran fatica a comprendere motivazioni e impulsi, dandoci l’illusione di trovarci di fronte al racconto di un triangolo amoroso.

Prima di riscaldare l’atmosfera, infatti, si deve assistere al più classico dei film cinesi ambientato in una piccola cittadina tra piccole e grandi miserie, modeste e malmesse abitazioni, mutismi, piccoli scoppi di violenza e una certa reticenza narrativa. Non manca qualche motivo di interesse e la regia è sempre corretta ma priva di guizzi, tipicamente da dramma sociale focalizzato su personaggi interpretato da attori sì in parte ma non così notevoli.

Calate tutte le carte, in realtà, il rapporto tra Meiyun e Baoshu diventa più appassionante e anche i dialoghi diventano relativamente più fitti e interessanti. Da una parte la costernazione e il dolore sordo di lei, dall’altra la rassegnazione e la pulsione autodistruttiva di lui: lo scontro tra i due sprigiona tenui scintille e in qualche caso commuove – per quanto il grado di esplicitazione dei sentimenti sia al di sopra del tollerabile. Ovviamente le tragedie si accumulano velocemente, esplodendo in un finale sorprendente in cui – alla buonora! – il sentimentalismo fluisce libero e irrazionale.

Tutto sommato The Sun Rises on Us All è un film dignitoso, che può vantare più di qualche sequenza riuscita e una buona attenzione al dettaglio. Se non fosse stato per i natali raccontati in apertura di recensione, però, si fa fatica a credere che avrebbe avuto accesso al concorso del festival, sembrandoci molto più adatto a una delle sezione collaterali e “minori”.

Autore

  • Alessio Cappuccio

    Alessio Cappuccio si è laureato in Letteratura Moderna presso l'Università degli Studi di Milano con una tesi sulla trilogia dei colori di Krzysztof Kieslowski.

    Nel frattempo ha iniziato a scrivere sul portale di informazione web Blogosfere nella sezione spettacoli, per cui è stato anche inviato durante la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e la Festa del Cinema di Roma.

    Nel corso della sua carriera ha lavorato e collaborato con una serie di realtà editoriali come Leonardo.it, Triboo, Studentville, ScuolaZoo, Milano e Roma Weekend, Londra da vivere spaziando dalla politica al tempo libero, la scuola, le nuove tecnologie, con un occhio di riguardo al cinema, sua vera passione.

    Dopo un Master in Critica Giornalistica presso l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, e una parentesi da videomaker, si è trasferito in pianta stabile a Roma, dove co-dirige Popcorn&Podcast, il più grande e autorevole podcast di cinema dell'universo.

    In genere non parla di sé in terza persona.

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Data pubblicazione: 09/08/2025
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